"Io Mangio Campano" intervista MissioN18!!!

Valorizzare i vini di qualità, in particolare quelli della Campania, e farli apprezzare in tutto il mondo.

E’ la “mission” di… Mission18, un progetto nato nel 2018 che ha appena compiuto due anni.

Chi vi fa parte proviene da lunghe esperienze in ambito commerciale e in particolare nel settore vinicolo. Un settore in rapida evoluzione e condizionato da numerosi fattori.

Ciò che prima di tutto emerge è l’etichetta dei vini in vendita nel negozio online: una grafica dark, pesante, dai toni diabolici.

E – lo capisce chi se ne intende – anche costosa da realizzare.

Si rivolgono infatti ad una cliente alta o medio-alta, ristoranti di livello ma anche clienti privati che apprezzano la qualità. 

Carlo Mannelli ne è il cofondatore e responsabile Area Marketing.

Come è nata l’idea di puntare sulla qualità?

“Avevamo amici che facevano attività proprie. Noi abbiamo lavorato per uniformare sistemi di produzione. Crediamo di aver portato una novità in un settore dove c’è un consumo in crescita ma indiscriminato. Si bevono vini più per moda che per qualità. Abbiamo rivalutato alcuni prodotti del Sud, principalmente campani. Troppi prodotti si erano inquinati; siamo risaliti alle origini. Abbiamo un target medio-alto e quindi prezzi più alti”.

E questa etichetta così diabolica?

“E’ una scelta (ride, ndr). Vogliamo dare un alone di mistero, un qualcosa che riguardi l’intrigo dei sensi.

I colori, come il viola, hanno grande impatto, e anche i nomi, come il vino Tormento.

Direi che sono destinati ad un pubblico femminile di locali con arredamenti curatissimi”.

A proposito di vini campani: senza toccare i mostri sacri del Piemonte, siamo una regione tra le più variegate?

“Assolutamente sì, soprattutto per  i vini d’origine irpina.

Il nostro Taurasi di 8 anni e il nostro Fiano, lavorati artigianalmente  sono deliziosi.

E poi c’è il Lacryma Christi oppure la Catalanesca del Parco Nazionale del Vesuvio che cresce solo sul Monte Somma; veniva usato per tagliare altri vini, era dimenticato e noi l’abbiamo rilanciato. Io credo sinceramente che diversi prodotti del nostro territorio non abbiano nulla da invidiare a vini francesi o del Nord Italia.

 E poi guardiamo la storia:  i primi vini greci furono trapiantati nel Sud Italia”.

Molte attività sono state pesantemente colpite dall’emergenza Covid. Voi siete stati risparmiati? Avete avuto riscontri positivi dalle vendite online?

“In parte. Ci siamo lanciati nel rapporto con la ristorazione di qualità e abbiamo cercato quei locali.

La linea si è arenata a marzo e anche prima di questa nuova ondata la situazione negativa proseguiva a oltranza. In molti non hanno più fatto scorte. Ci siamo lanciati quindi nel mercato al dettaglio.

I risultati? Lenti.

Noi crediamo che il pubblico debba essere un po’ educato.

All’inizio il cultore del vino non capisce, poi però se instradato inizia a comprendere e cambia visione per non abbandonarla mai”.

Consegna in 24 ore, vari metodi di pagamento: è la tecnologia a fare la differenza anche in un settore dove l’idea generale è che si ancora legato a vecchi concetti?

E’ proprio questo il punto. Tutto ciò che è tecnologico è associato ad una qualità media e bassa. E invece non è così. Attraverso social, messaggi, storie del vino si attira tanta gente”.

Parliamo di cibo, la pizza preferita e quella che si associa meglio col vino?

“Innanzitutto voglio dire che in alcuni locali di clienti abbiamo attivato un percorso enologico per abbinare pizza e vino.

La mia preferita è la Margherita accoppiata ad un nostro Taurasi”.

E per il cenone di Natale a base di pesce?

E’ un fatto soggettivo. Il nostro Fiano di Avellino è perfetto con il pesce. Ma c’è gente che beve vini rossi particolari e forti con lo spaghetto ai frutti di mare. Un nostro cliente per esempio abbina solo rossi alle cene di pesce”.

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